Si possono riciclare le batterie al litio con le arance: l’incredibile storia di AraBat
Una startup di giovanissimi pugliesi è riuscita a riciclare le batterie al litio delle auto elettriche con una tecnologia innovativa che sfrutta le arance pugliesi invendute.
Arance + batterie è la nuova formula che rivoluziona il riciclo delle batterie al litio a fine vita. Si tratta dell’ultima grande novità nell’ambito della economia circolare. L’esperimento di un gruppo di giovanissimi imprenditori italiani ha funzionato: è possibile riciclare le batterie delle auto elettriche o degli smartphone partendo da una reazione chimica generata dagli scarti vegetali e agrumari, come le bucce delle arance. Non solo: le arance impiegabili nel processo sviluppato possono essere quelle invendute, in particolare una varietà pugliese che ha i semi e che non è esteticamente perfetta e quindi per questo non soddisfa i criteri commerciali.
Questa è la mission di Arabat, arance + batterie appunto: una startup completamente italiana e creata dai cinque giovani pugliesi che si stanno dando da fare per supportare la transizione ecologica. Tutto è cominciato nel 2020, ha raccontato Leonardo Binetti, responsabile R&S della startup.
29 anni, di Vico del Gargano (Foggia), Leonardo Binetti è una eccellenza della chimica. È di fatto un nostro cervello in fuga in Scozia che però ha deciso di creare impresa in Italia, nonostante nel frattempo abbia fatto carriera universitaria nel paese anglo-sassone fino a conseguire un dottorato di ricerca e diventare docente associato nella facoltà di ingegneria. Una volta preso atto che con le sue competenze chimiche sarebbe riuscito a supportare AraBat nella sua evoluzione tecnologica, il ricercatore ha richiesto al resto del team – costituito da Raffaele Nacchiero, Giovanni Miccolis, Leonardo Renna, Vincenzo Scarano – di entrare a fare parte del progetto di impresa che era già partito diversi mesi prima.
Ambizioso e compatto, il team della startup ha avuto la brillante idea di coinvolgere poi anche l’Università di Foggia, più precisamente lo STAR Facility Centre coordinato dal prof. Matteo Francavilla, affinchè sostenesse il progetto. AraBat e UniFG siglano allora una partnership scientifica che porterà in breve tempo all’implementazione di una tecnologia innovativa di idrometallurgia verde – unica al mondo – per riciclare le batterie al litio esauste.
Perché le arance per riciclare le batterie al litio?
Leonardo Binetti ha spiegato:
“La Puglia è ricca di arance, come tutto il Mezzogiorno del resto, e questa è una delle ragioni che ci hanno portato a scegliere e ipotizzare le arance per il nostro processo. In realtà, poi, c’è un motivo anche sentimentale: io vengo dal Gargano, territorio meraviglioso ricco di arance, come la Bionda del Gargano – si chiama proprio così – che ha i semi, è un po’ più piccola della media e anche un po’ irregolare nella forma. E siccome oggigiorno la tendenza è di comprare le arance belle a vedersi e senza semi, la Bionda non viene commercializzata abbastanza. Anzi, molti lasciano cadere questi frutti senza raccoglierli. Per questo motivo, abbiamo ipotizzato di poter impiegare nel nostro processo produttivo futuro proprio questa tipologia di agrumi non commercializzata per scopi alimentari e quindi contribuire a risolvere un problema globale come quello del riciclo delle batterie al litio e dell’approvvigionamento delle materie prime”.
Grazie alla sua vision controcorrente e particolarmente avvincente e alla sua incredibile innovazione tecnologica, AraBat sta vincendo moltissimi premi, come:
- Premio Encubator;
- Premio Nazionale dell’Innovazione (PNI) 2022;
- Premio Start Cup Puglia 2022;
- Premio Franco Cuomo International Award 2022 (ritirato in Senato lo scorso 2 dicembre);
- Premio Gino di Pace DigithON 2022;
- Eni Joule for Enterpreneurship 2022 (conferito dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella al Quirinale);
- Apulian Sustainable Innovation Award 2022;
- Smart Agrifood Summit Malaga 2022.
E sempre per questo la startup sta sottoscrivendo accordi internazionali, in particolare con società canadesi. L’intero processo previsto dal progetto richiede dei macchinari ben specifici e quindi spese considerevoli che i cinque ricercatori da soli non riescono a sostenere. AraBat è in cerca di partner industriali che però purtroppo sembrano essere più facilmente non italiani almeno per il momento. Questo per via delle complicazioni burocratiche nostrane e anche, racconta Leonardo, un po’ per una mentalità ancora non aperta a questo tipo di avventure imprenditoriali:
“In Italia abbiamo provato per due anni ma non abbiamo avuto riscontro positivo. Forse perché non è ancora dominante la cultura della startup e del rischio di investimento. Però devo ammettere che almeno la situazione gradualmente sta migliorando. Per questo motivo abbiamo tentato di intercettare qualuno all’estero (dove sono più pronti ad investire sulle startup) e ci siamo riusciti. Perché quello che abbiamo visto qui è stato, estremizzando “io investo su di te, ma mi prendo il 99% della tua azienda”. Mentre gli investitori anglosassoni generalmente capiscono come funziona una startup, le sue logiche societarie, investono più spesso e non impongono vincoli assurdi nella gran parte dei casi. Senza considerare le difficoltà burocratiche per la costituzione societaria. Nel Regno Unito per fondare una società (LTD) occorrono letteralmente 30 minuti da impiegare al computer, compilando un form online e spendendo circa 40 euro abbiamo fondato la nostra società LTD. In Italia, invece, almeno noi abbiamo impiegato ben due mesi a compilare carte, redigere uno statuto complesso di quasi 20 pagine e spendere circa 1.000 euro di notaio. È per me una cosa abbastanza assurda”.
Quali i consigli a giovani aspiranti imprenditori? Leonardo Binetti suggerisce:
“Sarò molto lapidario. Come imprenditore quello che posso consigliare è che non occorre seguire dove vanno i soldi o avere l’obiettivo primario di fare soldi. Bisogna diventare imprenditori per risolvere problemi, a maggior ragione se sono problemi di tutte e tutti. Quindi bisogna seguire i problemi e puntare a risolverli in modo del tutto inedito e ambizioso”.
l’importanza dell’economia circolare per risolvere la crisi climatica
L’impresa dei cinque professionisti di AraBat è una delle numerose dimostrazioni di quanto i giovani di oggi siano consapevoli dell’urgenza di contrastare la crisi climatica. La direzione da prendere è quella della transizione ecologica per mezzo dell’economia circolare. Leonardo Binetti sa bene cosa significhi guardare al proprio futuro in un momento presente così pieno di problemi ed è combattivo e molto propositivo. Anzi, come si ama tanto dire oggi, è proattivo. E anche ottimista:
“La crisi climatica è una sfida difficile. Ci sono ancora troppi che vogliono ricorrere alle fossili, al petrolio, al carbone. Abbiamo capito che se queste sostanze sono state per milioni di anni sottoterra una ragione c’è: ci devono restare. Emotivamente noi di questa generazione non sappiamo se fare una famiglia un giorno, che mondo potremmo lasciare ai nostri figli se continuiamo a utilizzare questo tipo di combustibili inquinanti. Allo stesso tempo, sempre emotivamente, mi viene da dire che quello che stiamo cercando di fare è risolvere il problema che per noi è la sfida. E questo ci dà l’energia con cui ci svegliamo tutti i giorni. Sono stati fatti degli errori in passato, ma la ricerca va avanti e li corregge. Anche noi di sicuro faremo degli errori, ma chi farà ricerca dopo di noi li correggerà. Non possiamo incolparci sempre”.
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